Che fine hanno fatto le opere scomparse della Collezione Agnelli? Il 15 Ottobre la trasmissione Report ha dedicato la puntata a ben 636 opere d’arte scomparse nel nulla, tra cui tele di Claude Monet, ma anche opere di Giorgio De Chirico, Jean-Léon Gérôme, Giacomo Balla e molti altri.
Gianni Agnelli muore nel 2003, la sua eredità è da tempo al centro di una disputa tra la vedova Marella (anch’essa scomparsa), con i nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann, contro i quali ha ricorso la figlia di Gianni e Marella, Margherita.
A comunicare la sparizione è stata proprio quest’ultima, che tempo fa ha denunciato il furto di diversi dipinti di grande valore, che sarebbero scomparsi da un caveau in Svizzera, ma che il TAR del Lazio ha dichiarato non essere mai state custodite nel caveau.
I giornalisti di Report sono comunque riusciti a parlare con gli avvocati torinesi Emanuele Gamma e Jean Patry, che hanno elencato alcune delle opere attualmente presenti nella collezione e che si ritiene siano in “porti franchi” o collezioni straniere.
“Study for a Pope III” di Francis Bacon
Francis Bacon e Gianni Agnelli erano talmente amici che nel 1977 l’artista britannico lo dipinse addirittura in uno dei suoi caratteristici trittici. “Study for a Pope III” è un dipinto olio su tela del 1961 esposto l’ultima volta nel 2014 alla Skarstedt Gallery di Londra.
“Glacons, effet blanc”, Claude Monet, 1894
Sempre secondo alcune testimonianze raccolte da Report, il dipinto, rinvenuto nella sala da pranzo di una delle case degli Agnelli, figurava anche nel catalogo ragionato dell’artista redatto da Daniel Wildenstein.
L’opera è stata successivamente venduta da Sotheby’s nel 2013 per 10 milioni di dollari, e il sito fornisce un’origine abbastanza chiara: attraversando diverse collezioni private, il dipinto è stato venduto dall’ultimo proprietario tramite la Galerie des Beaux-Arts Duhamel di Parigi.
L’opera è una composizione monumentale che dimostra la capacità di Monet di catturare le sfumature del mondo naturale in evoluzione. La veduta della riva sinistra e dell’isola Forée da Bennecourt fa parte di una serie di 15 vedute del fiume scattate durante l’inverno 1892-1893.
Monet dipinse questa composizione all’inizio di gennaio 1893, catturando l’atmosfera invernale con il ghiaccio che cominciava a sciogliersi sulla superficie del fiume.
Alla fine del mese, il disgelo pose fine alla campagna di Monet, lasciando nello studio diverse opere incompiute. Questa composizione, realizzata nel 1894, è una delle osservazioni più intuitive e sensoriali su quell’inverno.
“Scala degli addii” di Giacomo Balla, 1908
Quest’opera di Giacomo Balla, il più importante autore del futurismo italiano, è datato 1908 e viene acquistato all’asta di New York nel 1990 per 4 milioni di dollari da Gianni Agnelli. Viene poi esposto nella camera da letto della casa romana. Alla sua morte se ne perdono completamente le tracce.
“Il mistero e la melanconia di una strada” Giorgio De Chirico del 1914
Si tratta di uno dei dipinti più importanti dell’artista metafisico, appartenuto prima al gallerista Paul Guillaume, poi al critico d’arte André Breton, che lo espose per molti anni nella sua casa. Nonostante esistano molte versioni diverse di quest’opera, risalenti anche agli anni ’60, secondo il giornalista Manuele Bonaccorsi, l’opera di Gianni Agnelli sarà la prima, originale. Il dipinto raffigura una bambina, o almeno la sua ombra, che corre e si rotola in una scena apparentemente spettrale e misteriosa a causa dei colori scuri e delle ombre che simboleggiano l’assenza o la solitudine (malinconia). L’immagine è ingrandita in prospettiva con i tetti dei cancelli che si estendono, a simboleggiare l’infinito.
“La Chambre” di Balthus (1952-54)
Quest’opera è stata esposta nel 2015 alle Scuderie del Quirinale ed era di proprietà dell’ Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington. Ne La Chambre è evidente il carattere misterioso e contraddittorio dell’artista, avvezzo al vetro opaco: non si comprende a pieno se la figura femminile si sia abbandonata sulla poltrona a seguito di un’estasi o di un dolore atroce. Se respiri ancora o se sia morta.
La “nana” che tira la tenda, com’è stata definita dalla critica, sembra far luce sull’accaduto e quindi sulla caduta umana. La sensazione di angoscia che percepisce il fruitore aumenta, ma Balthus non giudica; anzi, si raffigura all’interno dell’opera, nei panni di un gatto, di un felino voyeur.
Tutte queste opere, stando a quanto le indagini sono riuscite a ricostruire, non sarebbero mai passate per il caveau svizzero.